Beata solitudo, sola beatitud

Il momento in cui torno a casa la sera e accendo Spotify, prima ancora di essermi tolta la giacca.
Quando mi sveglio e nell’altra metà del letto c’è il libro che sto leggendo e il mac tra le lenzuola.
Quando sul pavimento ci sono i vestiti della sera prima.
I ricordi sfocati di una notte.
Un sogno a metà.
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Momenti di trascurabile felicità

Quella volta che in macchina all’improvviso il sedile ha fatto uno scatto in avanti perchè non era fissato bene e ci siamo guardati in silenzio prima di strillare e ridere dallo spavento.

Il giorno che sei tornato a casa di mattina e ti sei sentito in colpa per avermi svegliata e mi hai confessato che volevi un pesce rosso di nome Shark.

I litri di Chimera del Birrificio del Ducato che mi sono inspiegabilmente bevuta un anno fa.
Il Cotral.
L’Intifada.
Il concerto dei Sud Sound System di cui non ce n’è fregata una beata minchia.

Tutte le nostre foto sfocate e tutte le foto che avremmo potuto farci se avessimo avuto qualcosa con cui scattare.

Quando rotoli in giro e inspiegabilmente non sei ricoperto di lividi.

L’attesa del primo sorso, mentre tu analizzi schiuma, colore, aroma e gusto ogni volta che decidiamo di berci una birra.

Via Zanzur.

Il momento in cui guardo l’orologio e realizzo che c’è tempo e non devo affannarmi.

Tutte le mattine in cui mi sveglio e il caffè è pronto.

La tranquillità con la quale gestisci tutto, compresa la mia isteria.

Quella mattina di dicembre che mi hai svegliata presto per portarmi a pattinare sul ghiaccio e giravi, giravi, giravi e mi sorridevi felice, per te, per me, per noi.

Quando mi fermo un attimo, mi guardo intorno ed è tutto lì, dove vorrei che fosse.

Quando immagino infiniti altri momenti di trascurabile felicità con te.